La popolazione al confine, intanto, vive nel terrore perché i razzi cadono anche sulle case, sulle scuole, sugli uffici e non solo su obiettivi militari
Muoiono i civili nel Kurdistan siriano e iracheno ma anche in Turchia. Nel silenzio generale della comunità internazionale Ankara porta avanti senza sosta l’operazione Spada-Artiglio, lanciata dopo l’attentato del 13 novembre ad Istanbul di cui addossa la responsabilità al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e alla milizia curdo-siriana dell’Ypg. In otto giorni sono stati 89 i raid aerei lanciati sulla Siria curda e presto, ha annunciato ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan, si passerà all’operazione di terra.
La popolazione al confine, intanto, vive nel terrore perché i razzi cadono anche sulle case, sulle scuole, sugli uffici e non solo su obiettivi militari. «Tutto il mondo vede quello che il presidente Erdogan sta facendo al nostro popolo — dice alla Bbc una donna curdo-siriana —, ma nessuno fa nulla. Anche se prenderanno la nostra terra noi rimarremo per sempre siriani. Vi prego fermate questa aggressione».
Ieri si è levata una voce da Berlino. Il portavoce del ministero tedesco degli Esteri, Christofer Burger, ha invitato «la Turchia a reagire in modo proporzionato e rispettare il diritto internazionale». «I civili devono essere protetti in ogni momento» ha spiegato. Mentre il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si è limitato a sollecitare il governo turco a «completare il processo di ratifica» per l’ingresso di Finlandia e Svezia nell’Alleanza. Una firma che Erdogan ha vincolato proprio all’appoggio dei due Paesi candidati alla lotta contro il terrorismo curdo. Non a caso, ieri, l’ambasciatore svedese ad Ankara è stato convocato per protestare contro il sit-in organizzato da un gruppo vicino al Pkk davanti alla rappresentanza diplomatica turca a Stoccolma.
Il governo turco ieri ha denunciato un attacco dei miliziani curdi su Gaziantep, nel sud della Turchia. «Sono state colpite anche aree residenziali. Tre persone, tra cui un bambino e un insegnante sono morte» ha detto il ministro dell’ Interno, Suleyman Soylu, mentre venivano ordinati nuovi raid contro la Siria curda.
L’obiettivo di Erdogan è noto: porre fine alla presenza del Pkk lungo tutto il suo confine sudorientale con la Siria e con l’Iraq per costituire un «corridoio sunnita», da Aleppo a Mosul, e reinsediare nell’area buona parte dei rifugiati siriani che sono ospitati nel Paese della Mezzaluna. C’è poi la necessità di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalla disastrosa situazione economica: l’inflazione ha superato l’85% e la valuta nazionale, la lira turca, nell’ultimo anno ha perso il 50% sul dollaro. Un biglietto da visita che diminuisce le possibilità di successo di Erdogan alle elezioni presidenziali del 2023.