Dal voto in Germania segnali di buona politica

Il riformismo liberale, sia che guardi a destra sia che guardi a sinistra, continua a governare i principali Paesi del continente e le istituzioni europee, dialoga con l’America di Biden, spera di far fronte comune con la Russia di Putin contro la volontà egemonica della Cina

E così l’Spd è tornata il primo partito tedesco non su una linea di sinistra radicale, alla Jeremy Corbyn o alla Jean-Luc Mélenchon — per tacere dei massimalisti di casa nostra —, ma su una linea centrista, rivendicando l’eredità di Angela Merkel; che in questi anni non ha guidato una Grande Coalizione (in Germania ormai i due grandi partiti valgono appena metà dell’elettorato) ma un centro-sinistra, saldamente ancorato al centro.

Non era scontato. Anzi, pareva impossibile. I socialdemocratici sembravano destinati a seguire la sorte del Pasok greco, scalzato dai populisti di Syriza (destinati comunque a venire a più miti consigli: via Varoufakis, sì al rigore imposto da Berlino), o quella del Ps francese, messo fuori gioco da un altro centrista: Emmanuel Macron. Invece un partito che nonostante la sua storia gloriosa pareva morto si riaffaccia ora sulla soglia della Cancelleria; grazie anche al grande «richiamo all’ordine» segnato dalla crisi post-Covid, con il ritorno del ruolo dello Stato e la ripresa di credibilità delle istituzioni europee.

Dopo la prima guerra mondiale, le avanguardie artistiche — dal cubismo all’astrattismo — avvertirono un «rappel à l’ordre»: gli artisti ripresero a dipingere figure, recuperarono le forme classiche, persino Kandinsky avvertì il fascino della razionalità geometrica. In modo analogo, la pandemia ha segnato un richiamo alla ragione per un mondo che pareva incantato dalle sirene del populismo e del sovranismo.

Prima la vittoria della Brexit. Poi quella ancora più a sorpresa di Trump. L’incredibile meteora Bolsonaro. L’ascesa di Podemos e di Vox in Spagna. Il governo giallo-verde in Italia. Pareva che la rivolta contro il sistema avesse prevalso e fosse destinata a governare un mondo senza monete comuni, frontiere aperte, istituzioni multilaterali. Poi la pandemia ha sconvolto tutto. Trump, avviato alla rielezione, ha sbagliato a sottovalutarla, e si è giocato la Casa Bianca. Johnson dopo gli errori iniziali si è salvato e ora aumenta le tasse per finanziare il National Health Service, il servizio sanitario nazionale. Il No-Vax Bolsonaro mangia la pizza per strada perché respinto dai ristoranti di Manhattan e rischia di essere sconfitto dal revenant Lula appena uscito di galera. In Spagna Podemos è crollato, Vox si è ridimensionata, e si torna all’alternativa tra socialisti e popolari. In Italia la Lega neonazionalista appoggia adesso il più europeista dei governi. In Francia si sgonfia Marine Le Pen. E in Germania il partito della Merkel cede non a destra (Alternative für Deutschland perde voti e seggi) ma al centro, dove si rafforzano da una parte i liberali e dall’altra i Verdi e appunto i socialdemocratici.

Già l’ultimo cancelliere Spd, Gerhard Schröder, aveva come slogan «Die Neue Mitte», il nuovo centro. Che non significa diventare tutti democristiani e quindi moderati, mediatori, quasi immobili. Significa che i riformisti possono essere centrali nello schieramento politico e nella società, mobilitando le energie dei giovani, delle donne, di coloro che intendono rafforzare le istituzioni e non sfasciarle, costruire l’Europa e non distruggerla, rimettere in moto l’ascensore sociale senza punire i ceti medi, rinnovare l’establishment e non sostituirlo con chi grida più forte e picchia più duro sui social. Ai suoi tempi, Schröder arrivò a prendere oltre 21 milioni e mezzo di voti, quasi dieci milioni in più di quelli raccolti domenica scorsa da Scholz. Il bipartitismo è superato, il quadro si frammenta sempre più, anche se la cultura politica tedesca continua a premiare la stabilità. Il sovranismo non è affatto sconfitto; imperversa nell’Est europeo, e anche nell’ex Germania orientale, dove l’Afd (più populista che neonazista) è il primo partito. Ma il riformismo liberale, sia che guardi a destra sia che guardi a sinistra, continua a governare i principali Paesi del continente e le istituzioni europee, dialoga con l’America di Biden, spera di far fronte comune con la Russia di Putin contro la volontà egemonica della Cina.

E dietro il riformismo c’è la tenuta del ceto medio, di quella che una volta si sarebbe chiamata borghesia, che non è una parolaccia, è il nome dei produttori che mandano avanti l’economia e reggono il peso dei finti poveri e dei veri ricchi che non pagano le tasse. E la borghesia può essere tentata dalla rabbia anti-sistema e dal rifiuto della democrazia rappresentativa; ma sa riconoscere la buona politica che porta buoni risultati.

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