Il timone torna in mano a Ue e Stati. Fisco e bilancio è ora di scegliere

Hanno finora retto l’onda d’urto della recessione che ha travolto, con la pandemia, le economie e i bilanci degli Stati in tutto il mondo, ma le Banche centrali sono comunque destinate, forse costrette, a cedere il testimone della leadership globale.

Stiamo per entrare nella ‘nuova era’ in cui le politiche fiscali e di bilancio – gli Stati, quindi – e non più solo quelle monetarie dovranno, con maggior vigore e responsabilità, cercare di stabilizzare e rendere sostenibile la crescita nel prossimo decennio. Debito incluso. È in questo movimento di zolle nella profondità dei processi economici che si inseriscono la riforma fiscale in Italia e la riscrittura del Patto di stabilità in Europa.

Questioni apparentemente alte e lontane, che in realtà condizionano andamento e qualità della vita di ogni giorno. Proprio a questi livelli sommersi, in modo quasi impercettibile, si influenzano infatti le cosiddette aspettative e quindi le decisioni quotidiane di famiglie, imprese e operatori finanziari: decidere oggi di accendere un mutuo per comprare una casa, rimandare l’acquisto della macchina o del frigorifero, investire in una nuova linea produttiva perché si pensa che aumenterà la domanda di un dato bene di consumo, essendoci maggiore propensione a spendere invece che a risparmiare… Molto dipende, cioè, da come ci immaginiamo andranno le cose in materia di ‘tasse e tassi’ (d’interesse) nei prossimi anni.

Ebbene, questo passaggio di consegne dalle Banche centrali alle politiche di bilancio degli Stati è un cambiamento strutturale che molti osservatori attenti alle dinamiche globali iniziano ad avvertire. Lo ha segnalato ad esempio con precisione l’ex governatore della Reserve Bank of India, Raghuram Rajan, intervenendo al Festival dell’economia civile di Firenze: il mare di liquidità in cui siamo immersi, ha avvertito, è il risultato della monetizzazione del debito a breve operato dalle Banche centrali da oltre un decennio. Purtroppo tale eccesso di moneta è diventato un generatore di instabilità.

Per questa ragione, secondo Rajan, il miglior modo per finanziarsi oggi non è attraverso la Fed o la Bce, ma con l’emissione di titoli di Stato a lungo termine. La palla, cioè, dovrebbe tornare in mano ai governi e alle loro scelte di bilancio, che dovranno gioco forza restare espansive – la Manovra 2022 prevede circa 23 miliardi in disavanzo, che aumenteranno ancora il debito – per non strozzare la ripresa.

La delega sul Fisco al governo italiano va inserita in questa cornice. È una riforma cruciale con un orizzonte di diversi anni, e a cui sono legate le risorse europee. Ed è una ‘scatola’ al momento vuota, che promette però d’ispirarsi a solidi princìpi generali come quello della progressività.

La progressività è un dettato costituzionale ormai sbiadito nel pasticcio di ritocchi parziali al Fisco accumulatisi negli anni. Persino più importante, però, sarà la gestione dell’atteso passaggio di consegne fra Banca centrale europea e Stati dell’Eurozona con l’aggiornamento del Patto di stabilità. Il 19 ottobre la Commissione fornirà una prima valutazione dell’impatto della crisi e delle sue implicazioni per la revisione delle regole sui conti pubblici. Inizierà poi un percorso lungo e accidentato, torneranno sulla scena i ‘falchi’ preoccupati dal rischio di eccessiva solidarietà e le ‘colombe’ turbate dalle troppe condizionalità. Si scontreranno le istanze dei Paesi che si auto-definiscono ‘frugali’ e quelle di chiede più deficit, una dialettica inevitabile e pure necessaria quando non si trasforma in scontro paralizzante.

Resta in ogni caso una finestra di opportunità irripetibile per dotare l’Europa quanto meno di una solidarietà fiscale allargata e flessibile. Una politica di bilancio comune è lontana da venire e forse nemmeno immaginabile: prima bisogna completare l’Unione bancaria, certo, ma il salto di qualità compiuto dall’Europa con la capacità di rispondere in modo diverso alla pandemia concependo in soli tre mesi il Next Generation Eu – in fin de conti, un primo esempio di mutualizzazione ‘straordinaria’ dei debiti – mostra che la strada di una maggiore armonizzazione è possibile e conviene a tutti. Lo ha riconosciuto qualche giorno fa anche la cancelliera Angela Merkel, incontrando Mario Draghi nella tappa italiana del suo lungo commiato all’Europa. Lo dimostra, nei fatti, la reazione comunitaria alla crisi delle materie prime energetiche con la strategia di interventi coordinati su taglio-Iva e stoccaggio comune del gas per alleggerire le bollette degli europei. Si tratterà ora di rendere, se non ordinaria, almeno più agevole una reazione che è stata ‘eccezionale’.

Consapevoli che qualsiasi passo verso una maggiore solidarietà fra cittadini e, almeno in parte, contribuenti d’Europa presuppone una maggiore assunzione di responsabilità in casa, sulla sostenibilità di medio e lungo termine nelle manovre fiscali e di bilancio. Il nodo politico italiano da sciogliere è soprattutto questo. E più che agli attuali Parlamento e governo, visti i tempi lunghi dei processi sovranazionali in atto, toccherà ai prossimi dimostrarsi all’altezza dell’impresa.

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